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domenica 2 marzo 2014

La "garota de Ipanema" ed Ava Gardner




Un anno fa, in questo stesso periodo, ero in Sud America.
Una volta viaggiavo molto di più. Ero spesso sugli aerei e facevo la spola con i diversi continenti.
Ora m'avventuro solo se è necessario. In generale faccio viaggiare di più i miei collaborati. Sono giovani e giocare a fare i manager internazionali a loro piace molto. D'altronde hanno studiato per questo.
Mi ricordo che ero a Rio de Janeiro, faceva il caldo umidiccio dei luoghi di mare durante l'estate.
Avevo l'albergo di fronte la spiaggia d'Ipanema.
Non era la prima volta e m'emozionava d'essere non lontano dal luogo dove è stata scritta una delle canzoni più belle del mondo. Era un sabato sera e l'indomani mattina sarei dovuto partire per Bogotà.
Il giovane collega francese e capo della società che ero andato a visitare mi aveva offerto di trascorrere la serata con lui e la moglie in un buon ristorante. Ma io preferii restare da solo, dovevo proseguire nella lettura d'un libro che m'ero ripromesso di terminare durante quel viaggio.
Prima di rintanarmi nella mia stanza mi recai nel belvedere dell'albergo da dove si dominava una buona parte della spiaggia e si aveva l'impressione che si fosse al di sopra della vita. Come gli dei dell'Olimpo.
Bevvi almeno tre Caipirinha.
Mi sentii schifosamente privilegiato.
Quando tornai nella mia stanza aprii le vetrate del balcone e lasciai che il caldo umido entrasse nella camera. Lo stesso delle favelas ... basta con l'aria condizionata dei merdosi turisti!
Mi stesi sul letto e cercai di concentrarmi nella lettura che m'ero portato appresso.
- Cosa leggi, Italo. - la voce di mia madre.
- Un libro di storia, mamma ... uno storico inglese. -
Era seduta sulla poltrona accanto alla porta del balcone. Aveva l'aspetto di quando trentacinquenne era nel pieno del suo splendore. Indossava un abito verde, di seta. Lo stesso di quando mia sorella aveva fatto la prima comunione. Quando usciva per strada la scambiavano per Ava Gardner.
- La storia ... la storia ... quante volte t'ho dovuto raccontare la spedizione dei Mille di Garibaldi? -
- Tante volte ... cosa guardi, mamma? -
- Hai i piedi sul letto e non ti sei tolto le scarpe. -
- Scusa, mamma ... ma ho bevuto un po'. -
- Alla tua età, ancora a farti dire certe cose! -
La guardai e sorrisi. Anche lei lo fece.
- Sei bella, mamma. -
- Ero bella, poi sono diventata vecchia come tutti ... come tutte. Ti ricordi quando avevi tre anni e dal cortile mi chiamavi alla finestra per cantarmi Ciao, ciao bambina ... la canzone di Modugno? -
- No, mamma non me lo ricordo ma tu me ne parlavi sempre. -
- Certo, adesso sei cresciuto ... ti ricordi quando ti spedii per il tuo compleanno la camicia rossa come quella dei garibaldini ... per tanti anni, quando eri bambino, ti ho lasciato da tua nonna. Mi dispiace ... -
Trattenni a stento un singhiozzo.
- Non ti preoccupare, mamma ... è una storia vecchia ... mi chiedesti di perdonarti qualche settimana prima di morire. Tutto va bene adesso. -
- Sì , tutto va bene. - e passa la mano sulle gambe come se volesse stirare la gonna.
- Lo sai, mamma. Io son stato molto fiero di te. Ti ho visto andare incontro alla morte con tanto coraggio. Mi hai impressionato, come un'eroina hai affrontato la prova più importante  ... tu che mi avevi insegnato ad avere paura ... paura di mio padre, dei miei capi, delle convenzioni ... ti sei riscattata come un personaggio di Conrad ... ricordo le tue ultime parole prima che tu entrassi in coma. Che bello, siete tutti qua! ... dicesti. -
- Tutto va bene, adesso. -
 Trattenne il pianto e per non far scendere le lacrime alzò la testa fissando un punto del soffitto in alto.
- Sono stanco, mamma ... anch'io devo chiederti scusa.-
- Taci. Tutto va bene, adesso. -
Non riuscii più a trattenerli questa volta i singhiozzi.
- Mentre ero al tuo capezzale durante tutta la notte, ti ho vegliato ed ho ascoltando il tuo rantolo che diveniva sempre più profondo ... pregai che tu morissi ... -
- Taci. Tutto va bene, adesso. Dormi. -