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domenica 5 gennaio 2014

Quando ancora si fumava nei locali


Il fumo s'arrampicava avvitandosi su se stesso.
Asturio provava una profonda stanchezza e nella bocca percepiva il sapore amaro delle troppe sigarette.
Quella che aveva fra le dita la spense con meticolosità. Ma ciò non servì ad uccidere il cattivo odore che impregnava il legno delle pareti. Il fumo scorreva sotto il soffitto mosso da impercettibili correnti d'aria.
Un bambino, due tavoli più avanti, strillava ed invano la madre tentò d'azzittirlo mostrandogli il ciuccio.
Di fronte ad Asturio sedeva Antonio.
Si sosteneva la testa con le braccia poggiate sui gomiti e chino fissava un punto del tavolo di legno inciso da qualche avventore.
Asturio guardò il panorama attraverso la larga vetrata stranamente linda. Il sole morendo stava per scivolare dietro la montagna ed illuminava un pianoro che, nonostante la tiepida primavera, conservava ancora ampie distese di neve. Il cielo attorno alla cresta dell'altura sembrava infuocato mentre più su, dove i raggi del sole si stemperavano, era livido.
Alcuni bagliori argentei solleticavano gli occhi. Asturio li schermò con la mano.
Il buon Dio sembrava che avesse trasformato Antonio in una statua di sale. Guardava ancora quel punto del tavolo come se da esso partisse l'infinito. Ad un tratto disse:
- Ti giuro, non volevo farlo! E' tutto capitato cosi all'improvviso! L'ho colpito alla testa con un grosso libro e poi gliel'ho sbattuta contro il video del computer due, tre volte... non so... e poi sono scappato via. -
Quasi trent'anni prima erano scesi dallo stesso treno che da Catania li aveva portati a Milano. Erano cresciuti assieme: stessa strada, scuola e bar. Poi un giorno avevano deciso che via Etnea ormai la conoscevano bene ed avevano sentito parlare di corso Vittorio Emanuele e della Galleria.
Iniziarono a lavorare nella stessa ditta di proprietà d’un certo commendatore che produceva parti per apparecchi televisivi. Entrambi s'occuparono di amministrazione. Ad Asturio quella posizione non bastava. Cambiò azienda e riuscì caparbiamente a fare quel che si dice carriera.
- Per trent'anni ho lavorato in quell'ufficio e non ho mai chiesto niente! - si lamentava Antonio e sembrava parlasse col tavolo - ed adesso mi viene tolto il lavoro perché non so usare il Power Point! Dimmi tu che storia è questa! Non c'è bisogno del Power Point per fare il ragioniere! La contabilità è sempre la stessa! Dare ed avere. Dare ed avere! -
Poi, ricordandosi di avere il suo amico di fronte a , disse:
- E se l'avessi ucciso quel ragazzo!? Ti giuro è stato un momento di follia! Quello ha cominciato ad usare la tastiera come se suonasse il piano ed io mi sono sentito meno che una nullità e l'ho colpito! -
Ghermì il braccio di Asturio e disperato quasi gridò:
- ‘Sturio, forse sono pazzo? -
L'amico gli batté affettuosamente la mano.
- Sei solo stanco ed affaticato. Ti ho portato in questo luogo lontano dalla città perché tu possa calmarti. Poi... -
- Poi mi porterai alla polizia, vero? -
- Non lo so, adesso calmati. -
Antonio riprese la sua posizione.
Gli ultimi raggi del sole illuminarono un mucchio di neve e crearono delle ombre che diedero a quella bianca massa il profilo di un volto arcigno.
Asturio alzandosi spostò indietro la sedia che stridette sul pavimento.
- Dove vai? - gli chiese preoccupato l'amico scuotendosi dal suo torpore.
- Devo fare solo un telefonata, non ti preoccupare! E’ per il mio lavoro, vado da qualche parte dove posso parlare tranquillamente. –
Sembrò che il tempo rallentasse e che ogni secondo durasse un’eternità.
Diversi sciatori dopo l'ultimo ristoro avevano abbandonato il locale. La mamma col bambino ormai calmo e, quasi stordito per la stanchezza accumulata nella gita, stava per liberare il tavolo. Una giovane e florida cameriera raccoglieva le cartacce lasciate dagli avventori.
Una mano s'appoggiò sulla spalla d'Antonio che, come percorso da una scarica elettrica, sobbalzò e spaventato alzò il viso. Incontrò lo sguardo sorridente e rassicurante di Asturio che si sedette di fronte.
- Tutto bene. Ho telefonato alla tua ditta. Il ragazzo non s’è fatto niente. Gode d’ottima salute. L'hai solo un po' tramortito. Tiene la testa dura quello lì! Ho parlato col proprietario, non ha sporto denuncia. Domani andrò a parlare io con lui. Tutto si dovrebbe mettere a posto! Gli ho spiegato che soffri d’un esaurimento nervoso. Parlerò soprattutto col ragazzo. -
Antonio non credette quasi alle sue orecchie ed il suo amico dovette ripetere più volte le buone notizie. Poi, tacquero e si scambiarono uno sguardo.
Entrambi, quasi attratti da una silenziosa magia, guardarono la vecchia montagna ed il velo di rosso fuoco lasciato nel cielo dal sole ormai scomparso.
Asturio sapeva che avrebbero licenziato Antonio, ma l'avrebbe fatto riassumere dove lui lavorava. Dopo qualche anno sarebbero andati in pensione. E forse, chissà, sarebbero saliti insieme sul treno che li riportava a Catania.
Neanche lui sapeva usare il Power Point.