Translate

giovedì 9 gennaio 2014

Matteo Renzi e Alberto Alesina



Quando mi capita fra le mani un Corriere della Sera cerco gli articoli di Alberto Alesina, li leggo volentieri. Per due motivi: il primo è perché il contenuto è quasi sempre chiaro e preciso (in realtà i pezzi sono spesso firmati in binomio con Giavazzi, anche lui economista) ed il secondo perché ho conosciuto Alberto nei nostri anni giovanili.
Lo ricordo con una testa riccioluta, spesso con la racchetta di tennis (giocava bene, con mia grande invidia). Adesso se dovessi incontrarlo probabilmente non sarebbe possibile riconoscerci. Troppi anni sono passati ed il tempo deve averci trasformati.
Era iscritto alla Fgci. Abbiamo fatto lo stesso liceo e la stessa università ma io ero un po' più scecco (asino; nota del traduttore) ed è giusto che lui sia professore ad Harvard e che io scriva su un "blog" che, con un certo eufemismo, ho chiamato "Guazzabuglio" ma che è un vero "Casino"!
Sì, leggo gli articoli firmati Alberto Alesina ma non li condivido. Lui è diventato un liberista con la scoccia (scorza, buccia; parola usata in siciliano quando si vuole indicare in qualcuno delle qualità fortemente caratterizzanti. NdT) io sono rimasto un keynesiano testa di scecco (parafrasi che in siciliano vuol dire anche testardo. Come potrei essere differente se ero già scecco all'università? Nota dell'autore).
Devo dire però che nell'ultimo articolo mi sono trovato parzialmente d'accordo con lui ed indirettamente con il giovane fiorentino Renzi.
Cosa dicono entrambi?
Piuttosto di massacrarci con le imposte, sarebbe bene andare di nuovo a Bruxelles per sedersi ancora la tavolo della CEE. 
Per proporre cosa? 
Lo sforamento del vincolo del 3% del Deficit Pubblico sul Prodotto Interno Lordo (il Deficit Pubblico è il saldo fra la spesa dello Stato ed i suoi introiti; il Prodotto Interno Lordo è tutta la produzione di merci e servizi dell'Italia). Si chiederebbe quindi di derogare all'accordo siglato dai paesi della CEE nel marzo 2012 chiamato anche Patto di Bilancio Europeo (vi ricordate di Monti quando parlava del Fiscal Compact? Ecco proprio quello lì! ) chiedendo di ridurre il peso fiscale (parte degli introiti dello Stato) ma in compenso effettuando dei tagli nella spesa pubblica. Il Deficit Pubblico aumenterebbe per qualche anno (consentendo il finanziamento della ripresa) e nel contempo si avrebbe un incremento della produzione italiana e quindi del Prodotto Interno Lordo. Nell'arco di poco il vincolo del 3% sarebbe ristabilito.
Certo, fantasie da economisti. 
Perché la domanda che mi faccio è sempre la stessa: ma il mercato globale ci lascerà aumentare la produzione? Chi l'assorbirà? Sessanta milioni d'italiani? L'Italia è sicura di recuperare nell'industria manifatturiera il divario che si è creato fra noi ed i cosiddetti paesi emergenti in tutti questi anni di crisi e di stagnazione? O non deve arrendersi e pensare ad una riconversione dolorosa come è stata fatta in Inghilterra sotto la Thatcher? (Alla faccia di Keynes!)
Stop! Fermati là, Italo.
Obbedisco, mi fermo!
Ma la cosa che m'intriga di più nell'articolo che propone questo scenario è che, prima d'andare a discuterne a Bruxelles, sia Renzi che Alesina e Giavazzi consigliano d'effettuare dei tagli del costo della politica per circa un miliardo di euro. Basterebbe ciò per renderci credibili e sederci al tavolo delle rinegoziazioni. 
Sì, certamente, tagliate un miliardo di costi della politica (non ho idea di cosa parlino, non mi sono documentato, ma gli do credito) e non solamente per far piacere a Bruxelles, ma per noi, per noi italiani che abbiamo bisogno di riprendere la nostra dignità.
Cominciamo da quei tagli per tanto tempo promessi. 
Riguadagneremmo la stima in noi stessi perché ci convinceremmo che abbiamo del carattere e che siamo capaci di far pulizia in casa nostra e poi ... poi si vedrà.
Ciao Alberto.