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lunedì 6 gennaio 2014

La vita è uno slalom speciale




Pioviggina a Parigi.Il cielo è grigio e sta perdendo la luminescenza pomeridiana, si sta scurendo. Il giorno muore. La Sicilia è lontana e devo convincermi che non esiste. Non ho tempo per nostalgie.Chiamo Giovanni?No, non subito. Mi racconterebbe ancora le prestazioni dell'ultima orgia. L’ho chiamato il primo gennaio nel primo pomeriggio per fargli gli auguri. Aveva la voce assonnata come se si fosse svegliato da poco.
L’autista del taxi che m’accompagna a casa deve essere un portoghese, il suo accento è inconfondibile.Vibra il telefono dentro il mio giaccone.
- Allo -
- Pronto, sono io. –
- Ciao, come stai? – è mia figlia.
- Bene. Dove sei? Sono rientrata a casa. Si ricomincia con la solita vita, papà! Mi sono proprio divertita a sciare quest’anno. –
Com'era la neve? –
- Quella giusta. A Madesimo fa sempre freddo e si mantiene bene. –Madesimo … da quanto tempo, non vado alla montagna? 
Forse quattro anni. 
Sembra un’eternità.
… … …
I miei figli praticavano dello sci agonistico. Non andavano male ma progressivamente hanno mollato tutti e tre. L’impegno per loro e per noi genitori è stato notevole ed è durato almeno una decina d’anni.Madesimo era una località dove frequentemente si svolgevano delle gare all'inizio della stagione agonistica. Ricordo una gara di slalom speciale del mio primogenito.
Fu agli esordi della sua carriera sportiva. Era un cittadino e costantemente lasciato indietro nelle gare dai ragazzi che vivevano nelle montagne. Conobbi un giovane allenatore pieno d’entusiasmo. Fondai una società sportiva e con lui mettemmo su una squadra di giovani milanesi agguerriti. Tanto allenamento e tanti sacrifici anche per i genitori. All'inizio fu difficile mantenere la motivazione necessaria per allenarsi. I ragazzi erano sempre in coda alla classifica.
A Madesimo in genere si svolgeva una gara di slalom speciale alquanto temibile perché si faceva su una pista ripida, un muro. Ci recammo con la squadra di ragazzi per affrontare quella sfida. Molti caddero.Nella prima manche mio figlio sciò in compagnia della paura.  “Girava” troppo fra i pali ed allungò il tempo di percorrenza.Oltrepassata la linea del traguardo mi cercò con lo sguardo. Gli sorrisi e gli porsi la giacca a vento che gli avevo portato in fondo alla pista poco prima della partenza.
- Indossala che prendi freddo. – dissi mentre gliela porgevo.
- Tempo troppo alto, è inutile che faccia la seconda manche. –
Non dissi niente e m’avviai con lui sulla seggiovia che ci avrebbe riportato alla partenza della pista.
L’allenatore era rabbioso.
- Ma che schifo di discesa! Devi attaccare i pali, devi distruggerli! –
- C’erano tante buche … - tentò di difendersi.
- E chi se ne frega? Tu ci vai dentro! Puoi fare molto meglio. –
Lasciai mio figlio nelle grinfie del giovane allenatore.
Gli dissi solo: Mai mollare! Vai fino in fondo anche se tu pensi che non ne valga la pena.
Mi voltai e scesi giù sciando. 
Mi sembrò di lasciarlo da solo ad affrontare la guerra. So come ci si sente quando non si hanno più speranze e si stringono lo stesso i denti. Si sente una morsa dentro che ti prende allo stomaco. Vorresti scappare ma lotti dentro di te per non farlo. Mio figlio doveva provare la stessa sensazione. Ed io me ne sentivo un po’ responsabile. 
Gli servirà, pensai.
Avendo fatto il peggior tempo nella prima manche sarebbe partito ultimo nella seconda. La pista sarebbe stata tutte buche e cunette a causa del passaggio degli atleti meglio classificati.In fondo alla discesa una piccola folla assisteva allo spettacolo sportivo. 
Scesero i favoriti e ben presto si definì la classifica dei vincitori che avevano il tempo minore sommando le prestazioni delle due prove. Nessuno si curò più degli atleti che gareggiavano per ultimi, il loro tempi erano così alti che anche una eccellente seconda manche non avrebbe consentito un recupero! Tutti diedero le spalle all'ultimo concorrente. 
Tutti, tranne io.
E lo vidi scendere.
Non sembrava più lo stesso della prima manche, sembrava un diavolo fra i pali.
- Ma chi caspita è quello lì. - disse uno che aveva dato uno sguardo distratto alla pista.
Altri si voltarono.
- Quello casca. – predisse un uccello del malaugurio.
No, non cadde arrivò fino in fondo e sul tabellone elettronico che segnava lo scorrere dei secondi le cifre s’arrestarono per indicare il miglior tempo della seconda manche. Solo allora m’accorsi che tutti gli astanti s’erano voltati per seguire le ultime fasi della discesa. 
L’osservarono sorpresi anche gli altri concorrenti, forse riconoscendo in lui un futuro avversario.
Per me fu la sua più bella gara, anche se non salì sul podio. In seguito divenne fra i migliori della sua categoria. Le ingombranti coppe nella sua stanza lo testimoniano. 
… … …
- Uffa, dopodomani comincia la scuola, papà . –
- Uffa, domani andrò in ufficio, figlia. -