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sabato 28 dicembre 2013

Il taglio all'umberta e Yulia Tymoshenko


M’aggiro fra gli alberi del mio terreno in Sicilia. La terra umida rilascia la pioggia caduta in questi ultimi giorni. Il tepore dei raggi invernali crea i vapori che si condensano in una leggera foschia pomeridiana.
I campi stanno rendendo al cielo l’acqua non necessaria.
Gli ulivi sono stati munnati  (potati; nota del traduttore) ed hanno l’aria che avevo quando da ragazzino tornavo dal barbiere.
… … … …
Era il periodo in cui i Beatles facevano conoscere al mondo intero, quindi anche a Gela, la moda dei capelli lunghi. Io ero un ragazzetto che frequentava la quinta elementare ed alcuni mie compagni di classe vantavano delle zazzere ribelli prendendo spunto dai loro fratelli più grandi. Io non ne avevo in quanto sono il primogenito anche fra i miei cugini. Quindi se volevo portare i capelli lunghi, dovevo lottare da solo.
- Italo, vai a tagliarti i capelli! –
- Papà, li voglio far crescere come i miei compagni di classe! –
- Sembrano dei ragazzi di strada così combinati! Eppoi sono portatori di pidocchi! – interveniva mia nonna a cui rimproveravo di non farsi mai gli affari suoi – Un uomo deve portare la fronte scoperta, alta … così come quella degli uomini intelligenti! –
E per mostrarmelo mi metteva davanti lo specchio e mi tirava su i capelli in corrispondenza dell’attaccatura dello scalpo e poiché ho la fronte bassa spingeva ancora più su!
- Ahi, nonna! – facevo dopo un po’.
- Dovresti farlo ogni giorno – diceva lei – così diventi intelligente! –
Il suo consiglio m’aiutò a perorare la mia causa. Da piccolo non ero intelligente ma furbo sì!
- Se mi faccio crescere i capelli e li pettino all'indietro, potrò tirali di più e la mia fronte sarà più alta e quindi diventerò un genio! –
- Va bene, comunque dal barbiere ci devi andare in ogni caso per farti dare una sistematina. – insistette mio padre – Digli che ti faccia il taglio all’Umberta. –
Così feci, cadendo nel tranello. Solo quando divenni adulto capii  che il colpevole era Umberto II di Savoia che si faceva tosare con la macchinetta.
In ogni caso quell'imbroglio paterno m’obbligò per diversi giorni ad andare a scuola con un berretto per nascondere i capelli a spazzola e per non farmi irridere dai miei compagni.
Gliene volli a mio padre e forse, malgrado i decenni trascorsi, ancora un po’ adesso.
… … … …
Cammino ed annuso l’aria con fare un po’ della bestia che riconosce l’odore della sua tana e si sente nel suo rifugio, lontana da altre fiere che la possono attaccare.
Dentro la mia tasca il telefono vibra.
Lo estraggo, leggo sul visore il nome di chi mi chiama … ah bene, si pensa al diavolo e …
- Ciao papà, come va? –
- Sei già in Sicilia? –
- Sì papà… con l’aereo si fa presto! –
- Eh beh, certo … ma perché non m’hai chiamato per avvertirmi che eri arrivato? –
Rimproverami di tanto in tanto lo fa sentire padre.
- L’avrei fatto stasera, papà. Il viaggio non è poi così lungo! –
- Italo. –
- Sì, papà. –
- Ma … me lo hai portato il vino che mi piace tanto? –
Vorrei ben vedere che non gli piaccia! Costa più di 25 euro a bottiglia!
- Certo papà, te l’ho messo dentro la dispensa! –
- Sai, domani vengono i miei amici e vorrei stappare una bottiglia per festeggiare  la liberazione della Yulia Tymoshenko. –
- Chi? –
- L’ex primo ministro ucraino … sai quella che avevano messo in prigione? –
- Papà è ancora in prigione … ! –
- Ah sì? … peccato, una così bella donna!  Beh, brinderemo lo stesso! –
Papà …  papà …
- E cosa direte, allora a Laura Boldrini? –
- Ah già, è vero … beh, stapperemo una bottiglia anche per lei! –
Che il Signore vi benedica!