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giovedì 12 dicembre 2013

Gli agenti senza casco e Pasolini.

Sono in cielo.
Sto volando sopra il mar Adriatico. Almeno, così suppongo perché non lo vedo. L’aereo è sopra una soffice coltre di nuvole. Sembra bambagia come quella dei presepi.  Quella che osservo dal finestrino però  è più spessa.
Mi reco in Medio Oriente, a Kuwait City. Scalo a Beirut.  Un incontro di lavoro.
Ho l’impressione di recarmi in un’altra dimensione. Una cosa è certa: m’allontano dall’Italia. Mi rendo conto che Parigi non è così distante dalla mia famiglia, dai miei figli.
Comunque il mio viaggio non dura molto, sarò di ritorno fra due giorni.
Questi viaggi di lavoro sono salutari.
M’offrono la possibilità di prendere un po’ le distanze dalla mia realtà abituale. Mi servono perché relativizzo tutto, perché mi danno l’illusione d’andare a conoscere un altro angolo del mondo. Ma cosa conosco veramente io? … una beata fava! Un bel nulla!
Aeroporto, taxi, hotel, sala di riunione, taxi, aeroporto.  Questo è il mio giro abituale.
Mi permetto uno sguardo al mondo esterno solo durante il tragitto fra la città e lo scalo aereo.
Una volta mi resi conto d’essere già stato a Kuala Lumpur, perché riconobbi l’aeroporto!
Mio padre dice che sono un fesso perché non mi fermo qualche week end per visitare le località dove mi reco per lavoro.
Forse ha ragione.
Guardo ancora giù. Il tappeto d’ovatta si perde a vista d’occhio. Mi consolo perché troverò del bel tempo a Kuwait City. Del sole, non troppo caldo, però. Giusto.
Ma la verità è che non amo fare il turista.
A me piace “sentire” i luoghi dove vado, non visitarli. Per “sentire” ci vuole del tempo, forse diversi mesi! Altro che un week end!
Per questo, piuttosto che recitare il ruolo di turista, preferisco fare una toccata e fuga, come Bach o piuttosto come Giulio Cesare!...  veni,vidi, vici (andai, vidi e vinsi; nota del traduttore).
Vincere che cosa? … anche in questo caso: una beata fava! Un bel nulla! … od almeno nulla che mi faccia sentire vincitore di qualcosa. Forse ho partecipato alle vittorie della mia società, ma non sono le mie!
Cambio soggetto adesso penso all’Italia ed ai poliziotti che si sono levati i caschi, che hanno fraternizzato.
Due giorni fa i notiziari italiani avevano fatto il pieno della notizia, mettendo quasi in second’ordine il funerale di Mandela. In effetti, almeno per il nostro paese è una notizia importante.
Guardo il mio vicino a fianco. Strimpella sul suo note book. Provo a dare un occhiata sul video. Sta lavorando forse per preparare una presentazione.
Sospiro facendomi prendere da un insano senso di colpa.
Meglio guardare le nuvole.
Pasolini scriveva, negli anni settanta quando ci si picchiava con la polizia, che nelle strade si battevano i figli dei sottoproletari contro i quelli dei borghesi.
I celerini (così all’epoca erano chiamati gli agenti antisommossa) appartenevano al sottoproletariato meridionale, mentre i giovani contestatori alla borghesia. Era un vero controsenso!
Chi andava nei cortei cantando inni comunisti e inneggiando  a Lenin, Stalin e Mao Tse Tung  in teoria si batteva per coloro che prendeva a sprangate. Chi, invece, menava di manganello e sparava gas lacrimogeni, si scontrava contro chi diceva di manifestare a sostegno della classe di provenienza dei celerini!
Quando lo scrittore denunciò la contraddizione, ci fu chi non capì e si sospettò che fosse pagato dai padroni. Ma Pasolini non è di sinistra? Ci chiedemmo.
Eh sì, perché all’epoca o si era di destra o di sinistra, difficile stare in mezzo. Ci provavano quelli di Comunione e Liberazione, i ciellini. Quelli come Formigoni. Nessuno li prendeva a sprangate, adesso però ci sarebbero molti che li prenderebbero a calci nel sedere!
La hostess mi offre il vassoio con un pasto freddo. Mi chiede cosa voglio da bere.
- Un vino rosso. –
- Del Bordeaux? – mi propone mostrandomi  un’etichetta che non conosco.
- Va benissimo. –
Il vino è maledettamente freddo!
Sì, certo si era o di destra o di sinistra, si era schierati.
All’epoca nessuno degli agenti si sarebbe tolto il casco o avrebbe fraternizzato. Alla fine avrebbero dovuto farlo con chi? Con dei borghesucci che nascondevano sotto il kefiah (lo stesso copricapo che copriva il capo di Arafat; nota del redattore) l’abbronzatura presa durante i week end sulle piste da sci? No, meglio dargli qualche manganellata a quei ragazzotti viziati!
Adesso i giovani agenti, discendenti diretti dei celerini, si tolgono il casco e fraternizzano, perché? Perché di fronte hanno dei giovani come loro che non hanno un colore politico e sono alla ricerca d’un avvenire. Perché la politica non esiste più o meglio, se esiste ancora, rappresenta una classe che è considerata da tutti solo parassitaria.
Oddio, cado nel populismo!
L’hostess arriva per portar via il vassoio.
Non le cedo il bicchiere ma lo tengo stretto fra le mani. Spero che il vino si riscaldi.
Populismo? Ed allora? I politici che liquidano chi li contesta accusandoli di populismo dovrebbero vergognarsi perché sono loro stessi  l’origine di tale fenomeno. Sono loro che, rifiutandosi di capire e fare mea culpa,  gettano nelle braccia dei capopopolo i milioni d’insoddisfatti che calpestano il patrio suolo.
La gente è incazzata. I giovani sono incazzati ed hanno tutti lo stesso problema: non sanno qual è il loro futuro.
Provo a sorseggiare il vino. Il mio vicino ha riposto il suo pc portatile e s’è addormentato con il capo leggermente reclinato all’indietro e la bocca aperta.
Perché dovrebbero battersi fra di loro i giovani se non hanno nessuna rivalità e se non vedono nell'altro un pericolo e non provano per lui nessun risentimento?  Sentono che di fronte hanno uno come loro, profondamente incazzato. Sanno che sono tutti nella stessa barca e non vorrebbero che affondasse. 
Guardo fuori dal finestrino e penso ai miei figli.
Le nuvole cominciano a diradarsi e s’intravede risplendere il Mediterraneo.
Sento le palpebre pesanti. Ho voglia di dormire anch'io.
Beirut non deve essere lontana.